Nicky Kaldor e l’ingenua apologia del cambio flessibile
COMMENTO:
Prima di esprimere delle valutazioni economico quantitative,
bisognerebbe analizzare la storia.
I cambi fissi negli anni 70 stabiliti a Bretton Woods, hanno
garantito crescita negli anni 70 a tutti, ma in particolare agli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno però investito quella ricchezza, in due guerre quella di
Corea e del Vietnam. La guerra ha arricchito le multinazionali della guerra e
messo in ginocchio la nazione.
Negli anni 70 l'uscita dal sistema aureo, e la svalutazione
del dollaro, ha causato una profonda inflazione dovuta alle ritorsioni sui
prezzi del petrolio dei petrolieri impossibilitati a convertire i petroldollari
in oro. L'inflazione è conseguenza evidente poi negli anni successivi della
guerra del Kippur, delle rivolte Khomeiniste o successivamente di quelle
irachene.
I cambi flessibili ha ragione Kaldor, non sono politiche
utili, ma servono solo a riequilibrare gli squilibri naturali che si
manifestano tra due paesi caratterizzati da funzioni di produzione diverse.
Se importo come l'Italia inflazione da paesi che mi vendono
le materie prime e decidono i prezzi, poi accumulerò uno svantaggio competitivo
sui prezzi che verrà riequilibrato dal tasso di cambio naturalmente. Quello che
deve fare lo Stato, è immettere quella moneta necessaria a sostenere il calo
dei consumi, e tassare progressivamente chi accumula ricchezza sfruttando la
sua posizione dominante, immaginate le banche, o i monopolisti nel settore dei
trasporti o delle autostrade in momenti di crisi.
In un momento in cui noto un ritorno eccessivo ad aspetti
microeconomici, importanti ma non fondamentali, un approccio astratto, basato
sulla storia e sull'etica, credo aiuti a focalizzare meglio i problemi
economici.
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