domenica 5 ottobre 2014

MONETA, DEFICIT/PIL, LOGICA E FUNZIONAMENTO DEL DEBITO NEL SISTEMA MONETARIO E BANCARIO MODERNO (Tutto ciò che dovremmo sapere)

IL VALORE DELLA MONETA:

In economia esistono due mercati quello della moneta e quello dei beni reali.

Ai tempi del baratto, per attuare uno scambio era necessario trovare due persone interessate a scambiarsi reciprocamente le merci e questo rendeva difficili gli scambi. 

Il sistema nel tempo richiese un passaggio intermedio attraverso una merce, che fosse universalmente riconosciuta come riserva di valore, in attesa dello scambio.

Si utilizzarono così prima vari oggetti, poi metalli più o meno preziosi ed infine la moneta.

Per poter imporre alle persone l'utilizzo della moneta, oltre ad imporre le tasse, in un primo tempo gli stati ne garantirono la qualità di riserva di valore, attraverso riserve auree in deposito presso le banche centrali.

Nel tempo, la capacità degli stati di garantire con il loro reddito o con  la vendita delle loro materie prime la moneta circolante, determinò un progressivo sganciamento dalla parità aurea.

La moneta diventa quindi un bene, il cui valore viene determinato in maniera convenzionale, dal rapporto di fiducia che sussiste tra i cittadini e lo stato che ne garantisce il valore attraverso la sua struttura di stato, la sua capacità di produrre reddito e:

1) la gestione della politica fiscale
2) la gestione della politica monetaria 
3) la gestione sana del DEBITO PUBBLICO.

LA LOGICA DELLA GESTIONE DEL RAPPORTO DEBITO PUBBLICO/PIL

Chi ha una azienda sa cosa significa utilizzare una leva finanziaria.

Le imprese si indebitano, perché riescono ad ottenere un rendimento superiore al costo del debito attraverso la loro attività economica.

Se riesco quindi ad ottenere un rendimento superiore al costo del debito, avrò convenienza ad indebitarmi.

In uno stato, il costo del debito è dato, spiegandolo in modo non preciso ma intuibile in maniera semplice, dal tasso sul debito meno il tasso di inflazione.

Per poter gestire bene il debito quindi, il suo tasso di interesse meno il tasso di inflazione, deve essere inferiore al rendimento dell'attività aziendale, che in uno stato è rappresentata dalla crescita del PIL.

SE IL DEBITO ITALIANO COSTA MEDIAMENTE IL 4,5% E L'INFLAZIONE è DEL -0,3% PER CALCOLARE QUANTO DOVREMMO CRESCERE, PER AVERE UNA FINANZA PUBBLICA EFFICIENTE DOBBIAMO FARE QUESTO CALCOLO:

4,5%-(-0,3%)= 4,8%

IL PIL DOVREBBE CRESCERE DEL 4,8% PER GARANTIRE UN RAPPORTO STABILE DEBITO/PIL.

In un paese evoluto questo non avviene, perché un paese evoluto cresce in media del 2%/3%, ed è in questo che consiste la TRUFFA SUL DEBITO PUBBLICO, nell'impossibilità matematica di rientrare con il debito con una inflazione sotto al 2%, e peggio che mai con la deflazione.

Ai tempi in cui Banca Italia agiva in linea con il Tesoro e quindi la politica monetaria e fiscale era in mano allo stato, la gestione del debito era funzionale a volte alle esigenze del paese, a volte alle esigenze dei politici, ma c'era almeno una alternanza tra gente onesta e senza scrupoli.

Con la separazione Banca Italia - Tesoro tutto questo è venuto meno, ed abbiamo solo avuto politici che hanno fatto solo gli interessi delle banche.

La gestione univoca della politica monetaria e fiscale permetteva di tenere basso il costo del debito pubblico e di gestire l'inflazione in modo da rendere funzionale la gestione del debito alle esigenze del ciclo economico.

Anche quando il costo del debito era del 15% negli anni 70, l'inflazione era del 20% e quindi facendo il nostro calcolo avremmo ottenuto:

15%-(20%)= -5% 

In questo caso paradossalmente anche andando in recessione del -5% avremmo preservato il rapporto debito/pil.

Naturalmente questi sono esercizi mentali matematici, che hanno basse probabilità di verificarsi nella realtà, perché quando l'inflazione è così alta, le imprese per difendersi dalla svalutazione monetaria, correrebbero ad investire facendo salire il PIL a livelli ben al di sopra dello zero, come è ben risaputo nella teoria economica e come accadde malgrado la situazione petrolifera, negli anni 70.

LA LOGICA DEL SISTEMA BANCARIO E MONETARIO MODERNO:

Il sistema monetario moderno si basa sulla stampa di moneta e sul debito degli stati.

Se il debito fosse in mano a gente onesta e gestito come indicato sopra, di certo il debito pubblico sarebbe un vantaggio per la nazione, non uno strumento per indebitare e schiavizzare le generazioni attuali e future.

Il meccanismo di immissione della moneta nel sistema economico avviene attraverso l'emissione di debito degli stati e la sottoscrizione del sistema bancario del debito, attraverso fondi presi in prestito dalla banca centrale la quale è in grado di creare moneta marginando, cioè moltiplicando la moneta depositata sotto forma di riserva bancaria o dagli stati, con una leva di 50/100 volte.

In italiano vuol dire per la banca centrale, può moltiplicare i depositi pari a 10mld per un importo massimo pari a:

mld(10*100)leva= 1000mld (potenziale di immissione monetaria)

LO SCOPO DELLA MARGINAZIONE DEI DEPOSITI, DIPENDE DALLA NECESSITA' DI GARANTIRE IN CASO DI CROLLO DEL SISTEMA BANCARIO, LA SUA STABILITA' E LA STABILITA' DEL SISTEMA DEI PAGAMENTI.

In caso di crisi sistemica, le Banche Centrali hanno la facoltà, il diritto e spesso l'obbligo di nazionalizzare banche fallite nell'interesse del paese e di sostenere il sistema dei pagamenti immettendo la moneta nella quantita' necessaria.

UN ESERCITO DI INCOMPETENTI, PARLA DI STATALISMO, MA SI TRATTA SOLO DI GARANZIE A TUTELA DEI CITTADINI, DEI LORO RISPARMI E DELLA FIDUCIA NEL SISTEMA (Lehman docet= insegna).

LA LOGICA DEL DEBITO PUBBLICO FINANZIATO DAL SISTEMA BANCARIO:

Perché gli stati dovrebbe emettere debito, farlo sottoscrivere ai banchieri che ricevono denaro a costo spesso pari a zero dalla banca centrale invece di prendere tutta la moneta che serve a costo zero dalla banca centrale?

STATO EMETTE DEBITO > 
BANCHE SOTTOSCRIVONO > 
BANCHE CENTRALI FORNISCONO MONETA ALLE BANCHE CHE SOTTOSCRIVONO

Prima abbiamo scritto:

1) che il DEBITO PUBBLICO è uguale alla RICCHEZZA DELLA NAZIONE.

2) Abbiamo detto che se il tasso sul debito meno l'inflazione è più basso della variazione del PIL, diventa conveniente per lo stato fare debito.

3) Che politica fiscale e monetaria debbono fare capo allo stato altrimenti si rischia l'inefficacia delle politiche economiche fiscali e monetarie, attraverso lo spiazzamento, cioé l'idiozia di annullare una politica monetaria attuando una politica fiscale dagli effetti inversi, cosa che sta facendo oggi il nostro Governo Renzi.

Detto questo molti si chiederanno PERCHE' FARE DEBITO?

L'economia è una materia complessa, che va compresa secondo la sua logica:

CHE NON E' LINEARE BENSI' CIRCOLARE.

Gli stati possono attuare politiche monetarie, fiscali, e possono stabilire piani di crescita economica, ma hanno anche bisogno di due cose:

1) Poter agire sul sistema bancario, stimolando la creazione di base monetaria
2) poter intercettare il risparmio delle famiglie attraverso i propri titoli pubblici.

IL DEBITO SERVE A QUESTO, POTER CONTROLLARE IL SISTEMA BANCARIO ED INTERCETTARE IL RISPARMIO EVITANDO CHE VADA ALL'ESTERO.

Le banche creano moneta a fronte dei depositi bancari, se non ci fossero i depositi non ci sarebbe denaro da dare in prestito.

Le banche sottoscrivono debito pubblico e cedendolo ai privati sul mercato secondario, lo trasformano in denaro per fare credito.

Il debito diventa uno strumento per moltiplicare per due la moneta potenziale, 100 di debito pubblico viene immesso nel sistema e si trasforma in 100 di depositi, o 100 di investimenti in titoli di stato. Il debito viene monetizzato dalle banche cedendolo ai privati  intercettando i risparmi o cedendolo alla Banca d'Italia. I depositi, la moneta ricevuta cedendo i titoli ai privati intercettando risparmio, o quella ricevuta dalla banca centrale scontando i titoli, permettono poi alle banche di fare ulteriore credito per 100 moltiplicando per due la creazione di base monetaria iniziale.

IL PROBLEMA QUINDI NON E' IL DEBITO PUBBLICO, MA LA SUA GESTIONE SPESSO PIU' COMPLESSA E LOGICA, RISPETTO A QUANTO LA GENTE PENSI. ESISTE UNA LOGICA NEL SISTEMA CHE SPESSO CHI NE IGNORA IL FUNZIONAMENTO NON RIESCE A COMPRENDERE.





















domenica 21 settembre 2014

CONTRIBUTI FIGURATIVI: AI SINDACALISTI E DIPENDENTI DEI PARTITI POLITICI DEROGHE E VANTAGGI - LEGGE 23 aprile 1981, n. 155

LEGGE 23 aprile 1981, n. 155
Al comma 8 dell'articolo 8 le deroghe previste per dipendenti 
dei  partiti politici e dei sindacati.
Art. 8. 
                       (Contributi figurativi) 
 
  Ai fini del  calcolo  della  retribuzione  annua  pensionabile,  il
valore retributivo da attribuire per ciascuna  settimana  ai  periodi
riconosciuti  figurativamente   per   gli   eventi   previsti   dalle
disposizioni in vigore e' determinato sulla media delle  retribuzioni
settimanali percepite in costanza di lavoro nell'anno solare  in  cui
si collocano i predetti periodi  o,  nell'anno  di  decorrenza  della
pensione, nel periodo compreso sino alla  data  di  decorrenza  della
pensione stessa. Dal calcolo suddetto sono  escluse  le  retribuzioni
settimanali percepite in misura ridotta per uno degli eventi che,  in
base  alle  disposizioni  vigenti,  danno  diritto  all'accredito  di
contribuzione  figurativa  o  per  i  trattamenti   di   integrazione
salariale. 
  Nei  casi  in  cui  nell'anno  solare  non  risultino  retribuzioni
effettive,  il  valore   retributivo   da   attribuire   ai   periodi
riconosciuti figurativamente e' determinato con riferimento  all'anno
solare  immediatamente  precedente  nel  quale  risultino   percepite
retribuzioni  in  costanza  di  lavoro.  Per  i   periodi   anteriori
all'iscrizione nell'assicurazione  generale  obbligatoria  il  valore
retributivo  da  attribuire  e'  determinato  con  riferimento   alla
retribuzione  percepita   nell'anno   solare   in   cui   ha   inizio
l'assicurazione. 
  Qualora in corrispondenza degli eventi di cui al  primo  comma  sia
richiesto  il  riconoscimento  figurativo   ad   integrazione   della
retribuzione, la media retributiva dell'anno  solare  e'  determinata
escludendo le retribuzioni settimanali percepite in  misura  ridotta.
In  tale  ipotesi  ciascuna  settimana  a  retribuzione  ridotta   e'
integrata figurativamente fino a concorrenza del  valore  retributivo
riconoscibile, in caso di totale mancanza di retribuzione,  ai  sensi
dei precedenti commi. ((5)) 
  I periodi di sospensione, per i  quali  e'  ammessa  l'integrazione
salariale, sono riconosciuti utili d'ufficio per il conseguimento del
diritto alla pensione per l'invalidita' la vecchiaia ed i  superstiti
e per la determinazione  della  sua  misura.  Per  detti  periodi  il
contributo figurativo e' calcolato sulla base della retribuzione  cui
e' riferita l'integrazione salariale. 
  Le somme occorrenti alla copertura della  contribuzione  figurativa
relativamente ai periodi di sospensione e di riduzione d'orario,  per
i quali e' ammessa l'integrazione salariale, sono versate,  a  carico
della Cassa  integrazione  guadagni,  al  Fondo  pensioni  lavoratori
dipendenti. 
  Il datore di lavoro e' tenuto a fornire i  dati  necessari  per  il
calcolo dei valori retributivi di cui  ai  precedenti  commi  secondo
criteri  e  modalita'  stabiliti  dal  consiglio  di  amministrazione
dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. 
  Per gli operai agricoli dipendenti, ai  fini  della  determinazione
dei requisiti contributivi per il diritto a pensione e per il calcolo
della  retribuzione  annua   pensionabile   ciascuna   settimana   di
contribuzione figurativa e' pari a sei giornate. La  retribuzione  da
calcolare per  ciascuna  giornata  e'  quella  determinata  ai  sensi
dell'articolo 28 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  27
aprile 1968, n. 488, per l'anno solare in cui si collocano i  periodi
riconosciuti figurativamente. 
[deroghe comma 1]
  In deroga a quanto previsto dal primo comma del  presente  articolo
ai lavoratori collocati in  aspettativa  ai  sensi  dell'articolo  31
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e  successive  modificazioni,  le
retribuzioni da riconoscere ai fini del calcolo della  pensione  sono
commisurate   alla   retribuzione   della   categoria   e   qualifica
professionale posseduta dall'interessato al momento del  collocamento
in aspettativa e  di  volta  in  volta  adeguate  in  relazione  alla
dinamica salariale e di carriera della stessa categoria e  qualifica.
Per i lavoratori collocati in aspettativa da partiti  politici  o  da
organizzazioni  sindacali,  che   non   abbiano   regolato   mediante
specifiche normative interne o contrattuali il trattamento  economico
del personale, si prendono in  considerazione  ai  fini  predetti  le
retribuzioni fissate dai contratti nazionali collettivi di lavoro per
gli impiegati delle imprese metalmeccaniche. 
  Restano ferme in materia  le  disposizioni  dell'articolo  1  della
legge 15 febbraio 1974 n. 36, e della legge 10 marzo 1955, n.  96,  e
successive modificazioni e integrazioni. 
  Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche  per
il  trasferimento   dei   contributi   figurativi   ad   altri   enti
previdenziali per richieste presentate dai lavoratori dopo  l'entrata
in vigore della presente legge. 
--------------- 
AGGIORNAMENTO (5) 
  Il D.L. 12 settembre 1983,  n.  463  convertito  con  modificazioni
dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 ha disposto che  "il  quarto  comma
dell'articolo 8 della legge 23  aprile  1981,  n.  155,  deve  essere
interpretato nel senso che i periodi di sospensione e  di  lavoro  ad
orario  ridotto  successivi  ai  6   settembre   1972,   ammessi   ad
integrazione salariale, sono riconosciuti utili d'ufficio ai fini del
diritto e della misura delle pensioni e dei supplementi  di  pensione
da liquidare a carico dell'assicurazione  generale  obbligatoria  per
l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti con decorrenza successiva
all'entrata in vigore della stessa legge  23  aprile  1981,  n.  155,
nonche' ai fini dei  trasferimenti  contributivi  di  cui  all'ultimo
comma del predetto  articolo  8.  Per  detti  periodi  il  contributo
figurativo e' calcolato sulla base della retribuzione cui e' riferita
l'integrazione salariale, dedotta quella corrisposta  dal  datore  di
lavoro per gli stessi periodi". 

ECCO COSA HANNO OTTENUTO IN CAMBIO DELLA NOSTRA PELLE I SINDACALISTI la legge 564/1996 articolo 3

ECCO IL LINK ALLA LEGGE 300 DEL 1970 Art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300


I sindacalisti in cambio della nostra pelle hanno ottenuto la legge 564/1996. Questa all'articolo 3 stabilisce che essi incassino a nostre spese una pensione integrativa con contributi figurativi (a carico dell'INPS).

Art. 3.
Art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e senza pregiudizio per le situazioni in atto, i provvedimenti di collocamento in aspettativa non retribuita dei lavoratori chiamati a ricoprire funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali sono efficaci, ai fini dell'accreditamento della contribuzione figurativa ai sensi dell'art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, se assunti con atto scritto e per i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali dopo che sia decorso il periodo di prova previsto dai contratti collettivi e comunque un periodo non inferiore a sei mesi.

2. Le cariche sindacali di cui al secondo comma dell'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970, sono quelle previste dalle norme statuarie e formalmente attribuite per lo svolgimento di funzioni rappresentative e dirigenziali a livello nazionale, regionale e provinciale o di comprensorio, anche in qualita' di componenti di organi collegiali dell'organizzazione sindacale.

3. La domanda di accredito figurativo presso la gestione previdenziale interessata deve essere presentata per ogni anno solare o per frazione di esso entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello nel corso del quale abbia avuto inizio o si sia protratta l'aspettativa a pena di decadenza. Per l'accredito dei periodi di aspettativa precedenti l'anno di entrata in vigore del presente decreto, la domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso.

4. Le retribuzioni figurative accreditabili ai sensi dell'art. 8, ottavo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 155, sono quelle previste dai contratti collettivi di lavoro della categoria e non comprendono emolumenti collegati alla effettiva prestazione dell'attivita' lavorativa o condizionati ad una determinata produttivita' o risultato di lavoro ne' incrementi o avanzamenti che non siano legati alla sola maturazione dell'anzianita' di servizio.

5. A decorrere dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto puo' essere versata, facoltativamente, una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attivita' sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa ai sensi dell'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970 e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo di cui all'art. 8, ottavo comma, della citata legge n. 155 del 1981. La facolta' puo' essere esercitata dalla organizzazione sindacale, previa richiesta di autorizzazione al fondo o regime pensionistico di appartenenza del lavoratore. Il contributo aggiuntivo va versato entro lo stesso termine previsto per la domanda di accredito figurativo di cui al comma 3 ed e' pari all'aliquota di finanziamento del regime pensionistico a cui il lavoratore e' iscritto ed e' riferito alla differenza tra le somme corriposte dall'organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.

6. La facolta' di cui al comma 5 puo' essere esercitata negli stessi termini e con le stesse modalita' ivi previste per gli emolumenti e le indennita' corrisposti dall'organizzazione sindacale ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto alla retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro.

7. Nel caso in cui l'aspettativa fruita presso il sindacato non risulti conforme a quanto previsto ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970, ove le organizzazioni sindacali tenute ad assolvere gli obblighi previdenziali e assistenziali provvedano ad effettuare le relative regolarizzazioni contributive entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i contributi saranno gravati dei soli interessi calcolati al tasso legale. Ai fini delle predette regolarizzazioni si applica il termine di prescrizione di cui all'art. 3, comma 9, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335.

8. Gli oneri corrispondenti alla contribuzione figurativa di cui all'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970 gravanti sui fondi pensionistici amministrati dall'INPS, determinati nella misura pari all'aliquota di computo del 33 per cento del valore retributivo stabilito dal presente decreto, sono addebitati alla rispettiva gestione previdenziale.

9. I lavoratori iscritti ai fondi esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria hanno diritto alla contribuzione figurativa per i periodi non retribuiti di aspettativa per cariche sindacali o funzioni pubbliche elettive di cui all'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970.



10. L'onere di cui al comma 9 e' posto a carico della relativa gestione previdenziale.

PRATICAMENTE LA PENSIONE INTEGRATIVA  PER I SINDACALISTI E' A CARICO NOSTRO.

ECCO FINALMENTE DOVE POTETE TROVARE L'ARTICOLO N.18 - Legge 20 maggio 1970 n.300

Legge 20 maggio 1970, n. 300
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e nell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

(pubblicata nella gazzetta ufficiale n. 131 del 27 maggio 1970)
TITOLO I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA' DEL LAVORATORE
ART. 1. (LIBERTA' DI OPINIONE)
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della costituzione e delle norme della presente legge.
ART. 2. (GUARDIE GIURATE)
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale. E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l'ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
ART. 3. (PERSONALE DI VIGILANZA)
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
ART. 4. (IMPIANTI AUDIOVISIVI)
E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
ART. 5. (ACCERTAMENTI SANITARI)
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.
ART. 6. (VISITE PERSONALI DI CONTROLLO)
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori. Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti dell'ispettorato del lavoro di cui al precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
ART. 7. (SANZIONI DISCIPLINARI)
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
ART. 8. (DIVIETO DI INDAGINI SULLE OPINIONI)
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
ART. 9. (TUTELA DELLA SALUTE E DELL'INTEGRITA' FISICA)
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
ART. 10. (LAVORATORI STUDENTI)
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali. I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti. Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
ART. 11. (ATTIVITA' CULTURALI RICREATIVE E ASSISTENZIALI)
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori.
ART. 12. (ISTITUTI DI PATRONATO)
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei compiti di cui al decreto legislativo del capo provvisorio dello stato 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all'interno della azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi aziendali.
ART. 13. (MANSIONI DEL LAVORATORE)
L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
"il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi, egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovare ragioni tecniche, organizzate e produttive. Ogni patto contrario è nullo".
TITOLO II
DELLA LIBERTA' SINDACALE
ART. 14. (DIRITTO DI ASSOCIAZIONE E DI ATTIVITA' SINDACALE)
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi della libertà sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro.
ART. 15. (ATTI DISCRIMINATORI)
E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindaca le ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti ai fini di discriminazione politica o religiosa.
ART. 16. (TRATTAMENTI ECONOMICI COLLETTIVI DISCRIMINATORI)
E' vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'art. 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.
ART. 17. (SINDACATI DI COMODO)
E' fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
ART. 18. (REINTEGRAZIONE NEL POSTO DI LAVORO)
Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'articolo 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è o l'invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all'articolo 2121 del codice civile. Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi del licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA' SINDACALE
ART. 19. (COSTITUZIONE DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI)
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unità produttiva.
Nell'ambito di azienda con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.
ART. 20. (ASSEMBLEA)
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro.
Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
ART. 21. (REFERENDUM)
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla categoria particolarmente interessata.
Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
ART. 22. (TRASFERIMENTO DEI DIRIGENTI DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI)
Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quattro, quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.
ART. 23. (PERMESSI RETRIBUITI)
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti.
Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3000 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lettera b).
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 24. (PERMESSI NON RETRIBUITI)
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno.
I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 25 (DIRITTO DI AFFISSIONE)
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
ART. 26. (CONTRIBUTI SINDACALI)
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale.
Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di percepire, tramite ritenuta sul salario, i contributi sindacali che i lavoratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che garantiscano la segretezza del versamento effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione sindacale.
Nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il versamento del contributo sindacale all'associazione da lui indicata.
ART. 27 (LOCALI DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI)
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno della unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
ART. 28. (REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE)
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il tribunale definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al tribunale che decide con sentenza immediatamente esecutiva.
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
ART. 29. (FUSIONE DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI)
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 si siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma del l'articolo predetto, nonché nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna articolo 19 si siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella unità produttiva.
Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo 23, secondo comma, ovvero del primo comma del presente articolo restano immutati.
ART. 30. (PERMESSI PER I DIRIGENTI PROVINCIALI E NAZIONALI)
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
ART. 31 (ASPETTATIVA DEI LAVORATORI CHIAMATI A FUNZIONI PUBBLICHE ELETTIVE O A RICOPRIRE CARICHE SINDACALI PROVINCIALI E NAZIONALI)
I lavoratori che siano eletti membri del parlamento nazionale o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato.
La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.
Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI
ART. 32. (PERMESSI AI LAVORATORI CHIAMATI A FUNZIONI PUBBLICHE ELETTIVE)
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della retribuzione.
I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale, hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore mensili.
TITOLO V
NORME SUL COLLOCAMENTO
ART. 33. (COLLOCAMENTO)
La commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26 della legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni zonali, comunali e frazionali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.
Alla nomina della commissione provvede il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede d'ufficio.
La commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.
La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma dell'articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264. Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell'ufficio con la indicazione degli avviati. Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che pervengono dalle ditte.
La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di cui al primo comma del presente articolo entro dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la sezione di collocamento e l'altra presso il direttore dello ufficio provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente.
Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al direttore dell'ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione di cui all'articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui all'articolo 16 della legge 29 aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono essere modificati dalla sezione.
Il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro annulla d'ufficio i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Per il passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale e occupato ad un'altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento competente.
Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall'articolo 38 della presente legge.
Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in quanto non modificate dalla presente legge.
ART. 34. (RICHIESTE NOMINATIVE DI MANODOPERA)
A decorrere dal novantesimo giorno dell'entrata in vigore della presente legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n.264.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI E PENALI
ART. 35. (CAMPO DI APPLICAZIONE)
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni dell'articolo 18 e del titolo III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti. Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.
Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14,15, 16 e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante.
ART. 36. (OBBLIGHI DEI TITOLARI DI BENEFICI ACCORDATI DALLO STATO E DEGLI APPALTATORI DI OPERE PUBBLICHE)
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dallo stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata dall'ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'ispettorato del lavoro comunica direttamente le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
ART. 37. (APPLICAZIONE AI DIPENDENTI DA ENTI PUBBLICI)
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti degli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.
ART. 38. (DISPOSIZIONI PENALI)
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma, lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da lire 100000 a lire un milione o con l'arresto da 15 giorni ad un anno. Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente.
Quando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha la facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
ART. 39. (VERSAMENTO DELLE AMMENDE AL FONDO ADEGUAMENTO PENSIONI)
L'importo delle ammende è versato al fondo adeguamento pensioni dei lavoratori.
ART. 40. (ABROGAZIONE DELLE DISPOSIZIONI CONTRASTANTI)
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.
ART. 41. (ESENZIONI FISCALI)
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e documenti relativi ai giudizi nascenti
dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.
La presente legge, munita del sigillo dello stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello stato.
data a Roma, addì 20 maggio 1970
Saragat
Rumor - Donat-cattin - Reale
visto, il guardasigilli: Reale

sabato 7 giugno 2014

Aggiornamento: MONTE DEI PASCHI DI SIENA ecco quanto valgono LE AZIONI dal punto di vista ECONOMICO.

Il Monte dei Paschi lunedì 09/06/2014 vara l'aumento di capitale.

A fronte di 116.815.397 azioni ordinarie ne verranno emesse 4.999.698.478  al prezzo di 1 euro.

L'operazione verrà quindi fatta ad un rapporto di cambio di 214 azioni ogni 5 possedute.

Se dividete 5/214 ottenete il 2,33%: questo vuol dire che a fronte di un capitale di 2,33645 azioni del valore di 24,64 euro di venerdì, gli azionisti saranno chiamati a comprarne 100 ad 1 euro. 

Per capirci se siete azionisti con 100 azioni che al valore di venerdì corrispondevano ad una partecipazione di 2465 euro sarete chiamati a sottoscrivere 100*(214/5) azioni cioè 4280 azioni al prezzo di 1 euro ciascuna pari a 4.280 euro.  

L'esborso molto importante per gli azionisti di maggioranza, comporterà per chi non lo sottoscrive, l'azzeramento o quasi della sua partecipazione sul capitale totale. 

CHI SOTTOSCRIVE L'AUMENTO: Dovrà sborsare 1736 euro a fronte di 1000 euro posseduti.

CHI NON LO SOTTOSCRIVE: Avrà le sue azioni in portafoglio a 1,54 euro ciascuna e diritti a 23,10 euro. Il consiglio è di monitorare il prezzo del diritto e valutare una vendita entro il 20 giugno 2014, visto che dopo quella data i diritti verranno AZZERATI. 

Il ticker è:

MPSAXA.MI



Praticamente la banca verrà espropriata da chi rastrellerà i diritti sul mercato che immagino lo farà, se è furbo, ad un prezzo pari a zero. Il prezzo può salire lunedì solo se c'è qualcuno desideroso di scalare MPS, vedremo dai prezzi l'esistenza di potenziali acquirenti.

I prezzi dipenderanno dalla speculazione e dalle aspettative sul titolo del soggetto desideroso di scalare MPS.


Con i 5 mld circa incassati dall'aumento di capitale, verrà in parte rimborsato il prestito verso lo Stato Italiano ed il resto utilizzato per riportare la banca in utile. Il problema è capire quanto vale Monte dei Paschi?


Grafico (1)



La valutazione di un titolo è molto personale lunedì aprirà a 1,54, salendo in funzione delle aspettative degli operatori sul titolo.

Le mie aspettative sono quelle illustrate sopra.

Io valuto i titoli sulla base della capacità di generare utili negli ultimi 5 anni. L'MPS negli ultimi anni ha distrutto valore per il 28% medio l'anno.

Io considero l'appetibilità di un titolo dipendente dalle sue capacità di generare reddito. Un titolo azionario rischioso dovrebbe garantire un rendimento del 12% sul prezzo d'acquisto per essere comprato.

Il 12 % è dato:

1) 2% free risk il rischio dei titoli di stato a breve termine
2) 5% premio al rischio azionario
3) 5% di extra rendimento altrimenti cosa lo compri a fare il titolo?

Tenuto conto della capacità di MPS di tornare in utile entro i prossimi 6 mesi indicati con il valore 0,5 nel grafico fino ai 4 anni, i prezzi giusti del titolo MPS sono indicati dai pallini blu e pari a 1,88euro, se il titolo non sarà in grado di ridurre le perdite entro i prossimi 3,5 anni il prezzo del titolo sarà di 0,07 circa.  

Buon trading.

martedì 3 giugno 2014

ILLAZIONI QUALUNQUISTE SU alcuni ENTI ed IL FUNZIONAMENTO DELLE TRUFFE FINANZIARIE IN ITALIA

Oggi mi sveglio in vena di ILLAZIONI.

Ieri ho visto Report sul caso ENASARCO e la voglia di qualunquismo si è fatta strada dentro di me.

COME FUNZIONANO LE TRUFFE FINANZIARIE?  
(PREMESSO CHE NON AVENDO LE CARTE SONO SOLO ILLAZIONI)

Oggi esiste un sistema facile e senza rischi per truffare i cittadini. 
Se un Ente parastatale come una cassa di previdenza, una Banca, una assicurazione, finisce in mano a dei banditi, questi, sempre rimanendo nei limiti della legalità, sono in grado di truffare i cittadini e la maggior parte della gente non capirà mai come. 

Enasarco, Monte dei Paschi, Banca Carige, sono gli ultimi fatti di cronaca sui quali è facile fare illazioni e spesso senza andare troppo lontano dalla verità.

Alcuni Soggetti,  quando richiedono delle proposte di investimento per i loro portafogli personali, sono attentissimi al tipo di operazioni che gli vengono proposte, discutono su tutto, ma quando si tratta di gestire denaro altrui, malgrado esistano offerte molto più convenienti e remunerative, preferiscono fare affari con controparti magari compiacenti e disponibili a riconoscere il disturbo.

L'Enasarco ad esempio, ha preferito investire il suo denaro, circa 780milioni di euro con una banca Americana, che di fatto doveva garantire la sicurezza dell'investimento e la sua coerenza dal punto di vista finanziario alle aspettative del cliente.

Qualsiasi italiano mediamente esperto di borsa, sa, che se diversifichi il tuo capitale tra tanti investimenti e tra tanti emittenti difficilmente rischi di perdere il tuo capitale.

Se investi con una banca americana però, il rischio è che non esista trasparenza sulla quotazione  e che i titoli all'interno dell'investimento, non siano rappresentati da valori mobiliari, cioè obbligazioni di uno stato, una azienda, o una organizzazione internazionale, ma flussi di rendimento generati da architetture complesse di investimenti finanziari, comprati con leve finanziarie molto importanti. 

Questo vuol dire che magari replicano un investimento finanziario di 100mln, impegnando finanziariamente solo 10mln, sfruttando in questo caso una leva finanziaria pari a 10 volte il capitale investito (10*10=100) ed il resto del denaro viene impiegato dalla banca per speculare incassando soldi per se stessa senza rischi. Naturalmente per questo tipo di operazione, al cliente andrà un guadagno minimo se le cose vanno bene, ma se queste andassero male, il rischio sarebbe tutto suo.

MI SPIEGO MEGLIO: SE IO COMPRO DEI SEMPLICI VALORI MOBILIARI AZIONI O OBBLIGAZIONI, A MENO CHE NON SIA UNA TRUFFA FINANZIARIA E SE ALCUNI DEGLI EMITTENTI NON FALLISCONO, AL RISCATTO DEL PORTAFOGLIO, RIPRENDERO', IL SUO VALORE DI MERCATO, MENTRE IN CASO DI PROBLEMI CON LA BANCA CHE LO GESTISCE, RIUSCIRO' COMUNQUE A VALUTARE SENZA DIFFICOLTA' IL MIO PORTAFOGLIO. 

SE SI TRATTA DI UN PORTAFOGLIO DI DERIVATI LA COSA DIVENTA PIU' COMPLESSA, PERCHE' NON HO DEI VALORI MOBILIARI, MA UNA COSTRUZIONE FINANZIARIA DAL VALORE COMPLESSO E VALUTABILE SOLO DA UN ESPERTO BANCHIERE. IN CASO DI FALLIMENTO DELLA BANCA CHE GESTISCE IL PORTAFOGLIO DERIVATI, C'E' IL RISCHIO CHE DEL PORTAFOGLIO NON RIMANGA NULLA.

Ai tempi del fallimento Lehman Brothers, famose banche italiane riscontravano un prezzo per le loro obbligazioni di  40 centesimi, con perdite quindi sul capitale di 100 pari al 60%. Dopo qualche anno però queste obbligazioni arrivando a scadenza sono state rimborsate comunque a 100 non essendo fallito l'emittente. 

Cosa diversa accade se il valore del portafoglio è strutturato attraverso titoli derivati da valori mobiliari. In questo caso il valore del portafoglio dipende dagli investimenti strategici decisi dal banchiere, ma se questo fallisce difficilmente altri banchieri si assumeranno i rischi della ristrutturazione di una sofisticata struttura ingegneristica finanziaria, preferendo sfruttare la situazione per lucrare il massimo possibile. 

Questo vuol dire: incassare totalmente il valore del vecchio prodotto pagandolo zero ed obbligando il cliente a sottoscrivere un nuovo prodotto, solo per gettare fumo sugli occhi dei proprietari di quel denaro, che hanno dato il mandato ad operare al tuo cliente.

La furbizia dell'ENASARCO è stata forse, visto che le mie sono illazioni, nell'accettare la valorizzazione dei titoli praticamente a zero ed in condizioni di emergenza chiedere l'aiuto di un'altra banca.

Ricapitolando:

L'Enasarco  ha investito 780mln in titoli scelti da Lehman Brothers. 

Quando la banca è fallita essendo essa garante del valore dei titoli, questi titoli o speculazioni finanziarie derivate, sono scese di prezzo. 

L'Enasarco si è rivolto ad una banca Svizzera, la quale ha preferito CAPITALIZZARE AL MASSIMO LA SITUAZIONE guadagnandoci vergognosamente:

1) invece di dare una consulenza sui titoli, 
2) di valutare se gli emittenti sottostanti fossero solvibili o meno e quindi decidere il da farsi, 
3) di garantire la valorizzazione mark to market del prodotto, 
4) di assumersi il ruolo assunto dalla Lehman Brothers.

La tecnica per impedire che si scoprano i colpevoli, è di ristrutturare gli errori finanziari per nascondere eventuali responsabilità, di solito i passaggi sono due o tre e poi alla fine nel caso di Enasarco e nel caso di tante altre situazioni del genere in Italia, si risolve tutto con un BARATTO uno SWAP, attraverso il quale la BANCA RISTRUTTURANTE incassa tutti gli utili della vecchia operazione che essendo valutata zero, garantisce sicuramente degli utili avendo comunque un valore.

In cambio le banche ristrutturanti, chiedono ad ENASARCO, altri soldi per sottoscrivere uno zero coupon bond. Questo bond, di solito ha una scadenza di 30 anni, a scadenza garantirà un valore in questo caso magari di 780mln di euro ma non avendo cedole il suo valore è ottenibile con un semplice calcolo matematico che ad un tasso del 4% equivarrebbe a:

780mln*(1,04)^-30= 240mln


Le ristrutturazioni costose ed "incredibilmente geniali" CHE GRANDI BANCHE d'AFFARI PROPONGONO A COSTI STELLARI A CLIENTI incastrati DALLA LORO AVIDITA', ALLA FINE CONSISTONO nel COPRIRE I BUCHI, SOTTOSCRIVENDO UN VOLGARE E BANALE ZERO COUPON BOND.

CON UNA SEMPLICE FORMULETTA MATEMATICA, O SE  SEI PIGRO SPULCIANDO TRA I TITOLI SUL MERCATO, TI COMPRI UN TITOLO A 30 ANNI AL SUO VALORE SCONTATO AD OGGI.


PURTROPPO L'ITALIANO DIMENTICA, CHE LA CULTURA FINANZIARIA, HA SEMPRE UN SENSO, E CHE ANCHE UNO ZERO COUPON BOND ITALIANO IN CASO DI DEFAULT DEL PAESE, è UNO STRUMENTO RISCHIOSO.







giovedì 29 maggio 2014

UNA PROPOSTA PER L'ITALIA VERA non le SUPERCAZZOLE FINTO RIFORMISTE DI MISTER BEAN:

Un piano di ripartenza per Italia non può prescindere dalla moneta.

L'equazione monetaria evidenzia l'importanza dell'equilibrio tra mercato della moneta e mercato dei beni, che deve essere garantito, per evitare squilibri e distorsioni:

M*V=P*Q 

La base monetaria M  va moltiplicata per la velocità V con cui la moneta circola e crea la base monetaria potenziale. 
La moneta passa dalla Banca Centrale che la crea, alle Banche, che la ricevono dalla Banca Centrale, allo Stato che viene finanziato dalle banche, ai Cittadini ed alle imprese che la incassano sotto forma di spesa pubblica, alle banche attraverso i depositi di cittadini ed imprese, alle imprese attraverso i prestiti, ai cittadini attraverso le transazioni economiche, a nuovi risparmi che vengono investiti in titoli di stato comprati dalle banche che non li hanno scontati alla Banca centrale.

M*V, deve essere in equilibrio con quanto prodotto nel paese pari ai prezzi P, moltiplicati per la quantità di beni prodotta Q, P*Q.


Prima di ANDREATTA, la Banca d'Italia decideva un tasso con il Tesoro, di solito in linea con l'inflazione.
Dopo Andreatta nel 1981, le banche decidono il tasso da praticare allo Stato e quindi ai cittadini italiani.
Per colpa dei politici corrotti, che alla fine possono pure essere mandati a casa, Andreatta, regala il nostro debito pubblico ai banchieri, che di fatto possono praticare una usura legalizzata agli Stati, se questi perdono la loro sovranità.

Siccome il debito pubblico equivale alla ricchezza di una nazione, perché di fatto la moneta si trasforma in beni reali, è logico quindi che io abbia due grandezze:

DEBITO PUBBLICO = RICCHEZZA DELLA NAZIONE

affinché rimangano in equilibrio, siccome il debito sale per effetto dell'interesse e la ricchezza per effetto dell'inflazione, UN BRAVO POLITICO ED AMMINISTRATORE DELLA COSA PUBBLICA, dovrebbe fare in modo che:

TASSO DI INTERESSE SUL DEBITO % -TASSO DI INFLAZIONE IN UNA NAZIONE % < CRESCITA DEL PIL %

Tasso sul debito- tasso di inflazione, se positivo determina un tasso reale positivo sul debito, altrimenti se negativo perché inferiore all'inflazione determina un tasso reale negativo.

Il tasso reale negativo, consiste in una crescita del debito inferiore alla crescita dell'inflazione e quindi il debito si ripagherebbe da solo perché contemporaneamente aumenterebbe la ricchezza della nazione per effetto dell'inflazione.

Il tasso reale positivo determina invece una crescita del debito superiore alla ricchezza della nazione e quindi il debito diventa nel tempo ingestibile.

Grazie ad Andreatta, che favorisce divorzio BANCA ITALIA e TESORO, per paura dei politici corrotti, si consegna l'Italia in mano ai banchieri, che faranno salire i tassi reali di interesse.

Se i tassi reali di interesse sono positivi, la nazione è costretta a produrre un pil,  pari alla differenza tra tasso di interesse sul debito e tasso di inflazione per mantenere rapporto Debito/PIL.

Se oggi ho:

tasso sul debito 4,5% e inflazione 1,2%, vuol dire che il pil deve crescere del 4,5-1,2% = 3,3%, per garantire un equilibrio del rapporto DEBITO/PIL. Questo rapporto sale negli anni 80 per questi motivi, non per la spesa pubblica, che di fatto rientra sempre parzialmente in tasse nel giro di qualche mese.

Uno stato evoluto inoltre, tende verso lo Stato stazionario, uno stato che dovrebbe tenere le grandezze in equilibrio e non fomentare squilibri come accade oggi con l'Euro, o con politiche economiche inadatte all'Italia. Nello stato stazionario il Pil sale di massimo l'1%-2%, e quindi il costo del debito dovrebbe essere mantenuto a livelli molto bassi ed in linea con quelli di inflazione stabiliti come target obiettivo dalla Banca Centrale.

UNA IDEA POLITICA PER CAMBIARE IL MODELLO ECONOMICO ITALIANO ed allinearlo ai paesi CHE HANNO AMMINISTRATORI PUBBLICI CHE CONOSCONO L'ECONOMIA:

Caso GIAPPONESE:

Un esercito di incompetenti non conoscendo il Giappone, spara tante sciocchezze che ritengo doveroso partendo da questa nazione iniziare a parlare di un modello economico diverso per l'Italia.

Il Giappone è un paese imperialista, questo significa che non hanno interesse ad affrancare le masse sia culturalmente che intellettualmente. I giapponesi sono persone abneganti, che sono abituate al sacrificio.

In Giappone la Banca centrale fornisce denaro alle banche giapponesi, queste ci comprano titoli di stato giapponesi allo 0,8%. Voi vi chiederete chi le spinge a fare questo? 
La risposta è la convenienza, perché altrimenti il denaro la Banca centrale lo presterebbe direttamente allo stato a costo zero e le banche non avrebbero in mano titoli dello stato.

In Italia accadeva questo prima di Andreatta. 
Il Governo insieme a Banca Italia stabilivano un tasso in linea con la situazione di mercato, di solito intorno al livello di inflazione per i motivi già spiegati sopra e le banche erano obbligate attraverso un vincolo di portafoglio a finanziare lo Stato. Se non lo avessero finanziato, la banca centrale avrebbe prestato direttamente allo Stato a costo zero.

Vi chiederete, spero, come mai lo Stato non si fa prestare direttamente i soldi a costo zero?

Il meccanismo con cui la banca centrale presta alle banche che prestano allo Stato, consente di aumentare la base monetaria, moltiplicando il numero degli scambi..

La banca centrale presta alle banche, le banche allo Stato, lo Stato fa spesa pubblica per 100, i cittadini e le imprese incassano 100, li depositano in banca ed avremo le banche che hanno 100 di depositi di cittadini ed imprese e 100 di titoli di Stato.

La base monetaria potenziale diventa di 200. Abbiamo moltiplicato il denaro come i pani ed i pesci.

Le banche versano a titolo di riserva 10 in Banca Centrale e prestano 90, abbiamo creato altri 90 unità di moneta. A questo punto la Banca Centrale vede una situazione critica, avendo 10 di riserve, può creare moneta marginando al 10%. Vuol dire che può creare moneta per 100, garantendola con 10 di riserve in portafoglio.

Propone alle banche di scontare i titoli, le banche cederanno i 100 di titoli e si riprenderanno 100 di moneta.
Con questa moneta le banche possono, o fare investimenti, o prestarla alle imprese, o speculare in borsa o in valuta.

Banca centrale crea moneta per 100+, le banche hanno prestato soldi per 90+, le banche hanno scontato titoli per 100 e investendoli all'estero il ciclo si chiude creando =290 unità dalle 100 iniziali. Investendo all'estero il ciclo si chiude, perché il denaro smette di circolare in Italia ed inizia a circolare all'estero.

Abbiamo creato moneta che si è trasformata da 100 in quasi 300.

La teoria monetaria moderna, che di moderno non ha nulla, dimentica i potenziali effetti del sistema bancario e della moneta credito, creata dalle banche attraverso il moltiplicatore dei depositi accennato sopra. 
Se le banche i 100 non li investissero all'estero, verrebbero prestati per altri 90 in Italia e depositata moneta per 10 unità a titolo di riserva in Banca Centrale, ripartirebbe il ciclo.

Il problema è gestire l'inflazione attraverso la Banca Centrale, ma questa è roba tecnica e complessa.

IL GIAPPONE:

Cosa ha fatto il ministro ABE?

La Bank of Japan detta BoJ, ha stampato moneta per 100, l'ha data alle banche giapponesi, che hanno sottoscritto titoli del Giappone per 100 al tasso dello 0,8%, che sono stati investiti nell'economia interna attraverso la spesa pubblica per costruire treni ad alta velocità ad esempio, semplicemente "stampando carta", se dico stampare carta intendo immettere moneta elettronica nel sistema, non credo di dover spiegare ad un pubblico colto. Gli investimenti arricchiscono il paese e non generano inflazione e con la carta creo ricchezza per la nazione.

Ricordate M*V=P*Q, se aumento Q ( i treni che compro con la stampa di carta) anche se aumenta M l'inflazione non può aumentare, perché io mantengo un equilibrio tra mercato della moneta e mercato dei beni.

Il Giappone costruisce treni, ammoderna il paese, ha l'inflazione al 4%, garantendo salari diciamo giusti ed il risparmio dei Giapponesi, che amano la tranquillità, viene investito in titoli di Stato sicuri perché il Giappone non può fallire se si stampa la moneta da solo.

I cittadini lavorano, mangiano, la borsa e gli immobili salgono di prezzo, lo yen si svaluta, ma loro non se ne accorgono, perché l'inflazione è bassa, i prezzi dei prodotti mediamente salgono dell'1% e se qualche prodotto estero aumenta del 30% a causa della svalutazione dello Yen, NON SUCCEDE NULLA, invece di bere wisky americano, si ubriacano di sakè.

La benzina sale di prezzo, ma i giapponesi lavorano tutti ed hanno soldi risparmiati, non debbono pagare tasse abnormi per pagare politici corrotti, che svendono il paese a multinazionali e banchieri e quindi non ci fanno caso all'inflazione all'1% medio, perché noi non viviamo solo di benzina, ma anche di consumi interni, che aumentano, aumentano posti di lavoro, tutti sono felici ed i soldi per la benzina li trovano se non pagano le tasse per garantire privilegi a banchieri, pensionati nababbi e dirigenti pubblici dediti al furto o al voto di scambio.

E le banche giapponesi? 

Hanno comprato titoli giapponesi allo 0,8% ci stanno rimettendo con lo yen che crolla del 30%?

Le banche giapponesi, hanno preso i titoli allo 0,8% con cui hanno sostenuto lo Stato e l'economia interna, li hanno scontati alla Banca Centrale che ha "stampato carta", li hanno trasformati in yen e convertiti in EURO, hanno comprato I TITOLI DI UN PAESE ABITATO DA IDIOTI CHE VOTANO #PD, che pagavano il 5%, così oggi questi idioti, invece di spendere il 5% in spesa pubblica interna, pagano gli interessi ai giapponesi, che incassano 5%-0,8% il 4,2% di interessi, in euro ed attendono di rientrare in Giappone, quando la nostra Banca Centrale Europea avrà finito di permettere questa vergogna.

Svalutando l'EURO, i capitali giapponesi torneranno in Giappone.

Ricapitolando 

I cittadini giapponesi:

1) Hanno un lavoro remunerato
2) La disoccupazione è al 4%
3) I consumi interni sono alti
4) Gli investimenti sono alti perché l'inflazione e svalutazione yen rivalutano immobili e beni reali
5) Il paese stampa carta e crea infrastrutture a costo zero nel paese. ( il costo della immissione moneta=0)

Le banche giapponesi:

1) Le banche giapponesi incassano lo 0,8% dallo Stato giapponese.
2) Le banche giapponesi comprano titoli italiani al 5% e guadagnano 5-0,8=4,2% anno di interessi
3) Le banche giapponesi stanno guadagnando con l'euro il 30% di svalutazione yen.
4) Le banche giapponesi comprano azioni straniere con la carta creata da ABE (Ministro)

Le imprese giapponesi:

1) Le imprese giapponesi con lo yen debole esportano e se esportano di meno aumentano margini.
2) I giapponesi non abbassano i prezzi malgrado svalutazione dello yen perché non gli serve e aumentano margini.
3) I giapponesi grazie alla liquidità di ABE con la carta comprano imprese all'estero, in paesi dove i governanti predicano idiozia dell'austerity.
4) Le imprese giapponesi sono contente di pagare lavoratori giapponesi, perché malgrado l'1% di inflazione incassano tanti soldi ed in tanti modi diversi.

UNA IDEA PER L'ITALIA

La mia idea per l'Italia prevede l'uscita dall'euro e la nazionalizzazione delle banche che non sono in grado di ricapitalizzarsi da sole attraverso un aumento di capitale,  in parte riservato allo Stato in parte ai privati.

E' tutto già visto in Svezia che nel 1992, invece di SVENDERE MEZZA ITALIA come ha fatto AMATO, DRAGHI, GRILLI, PRODI, D'ALEMA, ha preferito NAZIONALIZZARE LE BANCHE FALLITE.

Oggi gli svedesi sono un esempio NOI UN PAESE AL DEFAULT SOCIALE, visto che quello economico l'hanno evitato ammazzandoci di tasse.

Lo scopo è evitare che mani straniere incassino dalle banche utili derivanti dalla speculazione a scapito dei cittadini e si approprino a costo zero dell'economia nazionale.

Il secondo passaggio è quello di ripristinare il rapporto tra Banca Italia e Tesoro.

Il modello è quello illustrato sopra dove la Banca Centrale finanzia le banche a tasso in linea con l'inflazione, le banche finanziano lo Stato con vincolo di portafoglio e la parte non finanziata dalle banche del debito pubblico, deve essere sottoscritta dalla Banca d'Italia.

Lo scopo di questo modello è:

1) Raddoppiare la base monetaria potenziale fin dalla sua creazione.
2) Controllare il processo di creazione della moneta bancaria


Lo Stato deve utilizzare la spesa pubblica in attività che facciano crescere il paese e non generano processi inflattivi:

1) Investimenti dello Stato strategici in banche ed imprese strategiche fallite, settore energie alternative, telecomunicazioni.
2) Investimenti in istruzione e ricerca, solo lo Stato è in grado di spendere soldi in ricerca che non rendono nell'immediato e le università, saranno chiamate a collaborare con le imprese.
3) Investimenti in strutture per il paese realmente utili, giudicando le potenzialità e le utilità economiche interne all'Italiae non gli interessi di  banche e paesi stranieri a vendere merci in Italia ad esempio come avviene con la TAV Torino-Lione. Secondo voi quanti torinesi vanno a Lione ogni giorno?

Principali interventi:

1) Identificazione dell'Uomo come punto di riferimento, dignità umana e vocazione debbono diventare obiettivi di uno Stato moderno.
2) Uscita da Euro ma non dall'Europa che deve svolgere solo ruolo di integrazione politica e non economica, visto che a quello ci pensano i mercati, democrazie nazionali e cooperazione tra Stati.
3) Nazionalizzazioni di banche fallite
4) Ricerca indipendenza energetica ed investimenti in energie alternative attraverso imprese di Stato.
5) Investimenti in Telecomunicazioni e nuove tecnologie
6) Investimenti in istruzione e ricerca incentivare legame tra imprese ed università.
7) L'economia deve garantire serenità ai cittadini, centralità del benessere dei cittadini.
8) Riorganizzazione dello Stato, i dirigenti debbono avere stipendi giusti ed in linea con media europea
9) Pensioni è necessaria una nuova giustizia sociale, le pensioni servono per vivere non per diventare nababbi massimo 5000 euro e sistema contributivo per chi ha pensioni superiori ai 3000 euro.
10) Reddito minimo garantito a tutti, lo Stato deve offrire un lavoro ma chi non accetta di lavorare dopo aver ricevuto 3 proposte, non ha diritto ad alcun sussidio perché evidentemente non ne ha bisogno.
11) Immigrazione, vanno tutelati i cittadini immigrati regolarmente ed i rifugiati politici, ma non esistono sconti per nessuno in Italia e dovranno lavorare per restare nel nostro paese.
12) Va garantita collaborazione con gli altri stati esteri, e gli stranieri in carcere in Italia vanno rimpatriati nelle loro nazioni, vanno chiesti contributi agli stati di provenienza dei reclusi o altrimenti i carcerati vanno fatti lavorare in aziende di Stato senza stipendio godendo di vitto ed alloggio gratis.


In corso di evoluzione....






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